Capitolo 10
Sono entrato in clinica con la felpa con cappuccio in testa e ho cercato di evitare ogni contatto visivo. Speravo che fosse una visita veloce, così come mi aspettavo che portassero via il bambino il prima possibile, ma non è stato niente del genere.
Mi sono svegliata in ansia e forse anche un po' emozionata, perché credevo di non vedere l'ora di sbarazzarmi del bambino, ma non c'è voluto molto prima che la realtà prendesse il sopravvento. C'era questo senso di colpa e anche un po' di l'eccitazione di avere finalmente qualcosa di mio. Qualcosa che non dovevo condividere.
Se tenessi il bambino non sarei mai sola, ma se tenessi questo bambino ci sarebbe ancora un'altra bocca da sfamare e i bambini sarebbero costosi. Google era il mio migliore amico, i costi di 13.000 dollari all'anno mi scioccavano ed era qualcosa che non potevo permettermi.
Quella somma di denaro in aggiunta a quello che dovevo pagare per prendermi cura di me stessa sembrava ridicola e irrealistica. Per guadagnare così tanto extra avrei dovuto lavorare duro come un cavallo. Chi guarderebbe il bambino? L'asilo nido era altrettanto costoso.
Come se parlare al telefono non bastasse. Avevo ancora una volta un altro appuntamento di valutazione prima ancora che fosse fissata la data per l'aborto. Con il passare dei giorni mi affezionavo sempre di più al bambino che cresceva dentro di me e, a volte, toccavo persino la mia pancia piatta che mostrava a malapena segni di gravidanza.