Capitolo 143
Jerome e io torniamo qualche ora dopo, dopo un pomeriggio di chiacchierate leggere. Abbiamo mantenuto la calma, nessuno dei due voleva rivolgersi all'elefante che c'era tra di noi. Parliamo invece soprattutto di cavalli. Quando entriamo in casa siamo troppo occupati a ridere, con i fondi del nostro frappè ancora in mano, per notare Kent in piedi nel corridoio che ci fissa.
Jerome se ne accorge per primo, fermandosi e schiarendosi la gola, mentre il sorriso gli scompare dal volto. Kent non dice nulla, si limita a mettere lentamente le mani in tasca e a spostare il peso sul piede posteriore, fissandoci a lungo.
Qualcosa in questo - non so cosa, forse l'arroganza nel suo atteggiamento, o il modo in cui ci ha fermato entrambi semplicemente stando lì - mi fa alzare gli occhi al cielo. Nonostante tutto - tutto il trauma del pomeriggio e la folle intimidazione che ho provato ieri sera al terzo piano - le stronzate da macho di Kent mi fanno ancora venire voglia di respingere.
"Mio padre non aveva voglia di darmi da mangiare," riferisco con calma, "così Jerome mi ha portato a prendere cheeseburger e frappè. Ne vuoi un po'?" Con aria innocente gli porgo il mio frappè, prima la cannuccia.
Gli occhi di Kent si spostano sul frappè e poi tornano sul mio viso. "No, Fay," risponde, a voce bassa . Poi fa un cenno a Jerome, congedandolo. Jerome se n'è andato prima ancora che io possa vederlo muoversi.