Ventuno anni fa...
Era la notte del mio 13° compleanno. Un giorno in cui avrei dovuto semplicemente rilassarmi con i miei amici. Stavamo per andare giù al canyon. Fare un falò. Ma qualcosa non andava. Lo sentivo. Sono rimasto nella mia stanza dicendo loro che non mi sentivo benissimo.
Le mie emozioni stavano scatenando il caos dentro di me, come se cercassero una via di sfogo dai confini del mio corpo.
" Alejandro, cosa c'è che non va?" chiese la voce dolce di mia madre da fuori la porta.
"Lasciatemi in pace, per favore." Paura. Sentivo paura, qualcosa dentro di me stava cambiando. Mi aggrappai al davanzale della finestra e fissai la luna.
“ Lascialo stare, non ne vale la pena.” arrivò la voce fredda di mio padre. Mi aveva sempre odiato: non so nemmeno perché.
Il mio cuore batteva forte nel petto. Odiavo tutto questo. Era come se qualcosa stesse urlando per essere liberato. Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi. Ma non serviva a niente, li sentivo tutti. Le voci in tutta la casa. Perché stava succedendo? Sentivo ogni parola velenosa che usciva dalla bocca di mio padre mentre si allontanavano.
"Ricardo... è un bambino, ci deve essere qualcosa che non va." sussurrò la mamma a papà mentre entravano nella loro camera da letto.
" È un bastardino disobbediente. Non c'è niente di sbagliato." Sbuffò. La rabbia mi riempì di una passione ardente. Perché diavolo mi odiava così tanto? Il mio cuore batteva forte. La luna mi faceva sentire strana. Perché doveva esserci luna piena quella sera? Da quando avevo memoria, mi sentivo irrequieta durante la luna piena. Certo, ero un lupo mannaro, ma non era normale, e non era come se avessi ancora un lupo.
" Non sono disobbediente." sussurrai. Cosa ho fatto di sbagliato? Ho sempre cercato di essere all'altezza dei suoi standard, ma non sono mai stato abbastanza bravo.
" È un pezzo di spazzatura senza valore. Quello lì morirà giovane. Fidati di me." Le sue parole mi fecero bollire il sangue. Le mie unghie si conficcarono nel davanzale della finestra. Un ringhio mi uscì dalle labbra. Vidi rosso mentre mi giravo verso la porta. Ne avevo abbastanza di dover sentire queste cose.
La aprii e mi precipitai lungo il corridoio verso la stanza dei miei genitori. Ogni osservazione contraria che usciva dalle labbra di mio padre mi faceva salire la rabbia. Spalancai la porta, senza nemmeno rendermi conto di averla scardinata.
Mia madre urlava e mio padre sembrava scioccato.
" Che cazzo è quello..." sussurrò guardandomi. Lo fulminai con lo sguardo, sentendo un dolore straziante che mi attraversava. Mi sembrava che le ossa bruciassero e si rompessero.
" Non sono spazzatura! Non sono disobbediente!" ringhiai, incurante del dolore. Non riuscivo nemmeno a riconoscere la mia voce o a capire cosa stesse succedendo. Gli occhi di papà si spalancarono mentre faceva un passo indietro per guardarmi. Aggrottai la fronte, perché mi stava guardando? Era più alto di me.
" Tu, stupido bastardo! Come osi! Che diavolo sei!?" ruggì papà; lui era l'Alfa.
Lui odiava sempre il fatto che il suo comando Alpha non funzionasse mai con me. Sapevo che era per questo motivo. Il motivo per cui mi picchiava sempre quando gli disobbedivo. Per mostrarmi che era più forte. Ma perché? Era una cosa così importante?
"Non sono inutile. Perché mi odi così tanto?!" Ringhiai; non riuscivo nemmeno a riconoscere la mia voce.
“ Te l’avevo detto che era un mostro…” sussurrò papà con disgusto e disprezzo chiari nella sua voce. La rabbia divampò dentro di me e mi lanciai contro di lui.
Sembrava un incubo. Riuscivo a vedere cosa stava succedendo ma allo stesso tempo non avevo il controllo. Ho visto le mie zampe nere e pelose con lunghi artigli lacerare mio padre. Non riuscivo a sentire nulla ma allo stesso tempo ero calmo. E poi all'improvviso tutto è diventato nero.
Quando ripresi i sensi, ero in piedi nuda nella camera dei miei genitori. Una volta una stanza di campagna estiva che ora era un incubo. Parti di corpi smembrati erano disseminate nella stanza e sangue. Segni di artigli macchiavano ogni centimetro di pareti e pavimento. Il forte odore di sangue ramato appannava l'aria. Inciampai all'indietro, l'orrore mi riempiva. Mi guardai le mani. Mani coperte di sangue. Scrutai il pavimento, ricordo di aver aggredito papà, ma che dire della mamma?
Attraversai di corsa la stanza, dall'altro lato del letto capovolto. Mi fermai di colpo quando vidi la mano che giaceva sul pavimento con un anello. L'anello della mamma. La mano della mamma. No... come ho potuto aggredire la mamma?" No. No. No. Il mio cuore mi rimbombava nel petto e desideravo poter tornare indietro nel tempo.
L'avevo fatto. Avevo assassinato i miei genitori e non avevo idea di come. Ma una cosa era chiara. Papà aveva ragione. Ero un mostro. Un mostro della natura. Qualunque cosa fossi diventata, non era normale.
Quello era il mio primo turno. La prima volta che toglievo la vita a qualcuno. Ma non era certo l'ultima volta.